CHIESA VIVA |
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Conoscere la Massoneria
Chiesa Viva n°394 Nella Grande Loggia degli Illuminati di Parigi «... non passava settimana che non mi si raccontasse qualche storia di delitto commesso da uno o dall’altro dei nostri - scrive la Bersone - e, difatti, se ne commettevano assai spesso anche per la semplice osservanza alla regola del gioco: perché tale è la prova per la quale passa ogni Affiliato superiore che, per essere gradito, deve, prima, costituirsi in “stato di delitto” che è quasi uno “stato di grazia” per questa contro-religione. È così che essi tengono l’uomo per sempre: lo minacciano di divulgare il suo segreto, in caso cercasse di scuotere il giogo della Sètta. Quindi, tutti i capi politici della Francia d’una certa rinomanza, nessuno escluso, sono pervenuti alla loro alta posizione soltanto per mezzo delle Logge; ma le Logge, prima, pretendono da ciascuno di essi quella prova degna delle Logge. Da uno, vollero che annegasse, con le sue mani, nella Loggia stessa, la creatura di una donna che ci aveva partorito clandestinamente; altri avevano dovuto, come me, pugnalare la vittima, il giorno della loro affiliazione superiore. Lo “stato di delitto” di Jules Grévy (Presidentedella Terza Repubblica di Francia dal 1879 al 1887, e Grand’Oriente della Grande Loggia degli Illuminati di Parigi, succeduto a Garfield), aveva relazione con l’affare Saydon in Inghilterra. Si ricorderà che Saydon era stato accusato a Londra, nel 1866, di essere l’autore di un “suicidio” mal camuffato: i veri colpevoli, però, erano Grèvy e Teller, quest’ultimo, un alto Iniziato della grande Loggia di Parigi, morto nel 1874»1. Ma in questo “Tempio dell’assassinio” vi erano due tipi di delitto che meritavano una punizione orribile ed esemplare: rifiutarsi di eseguire un ordine di assassinio e rivelare l’attività segreta della Grande Loggia. Ricordiamo che Domenico Margiotta, l’ex 33° grado e membro del Nuovo Rito Palladico Riformato, creato da Giuseppe Mazzini e Abert Pike nel 1870, raccontando la sequela di assassini, decretati dal Comitato Centrale Democratico Europeo (meglio conosciuto col nome di “Giovane Europa”) diretto da Mazzini, e messi in opera dal suo braccio destro, Adriano Lemmi, aveva trattato di un certo Filippo Carabi, siciliano, che, scelto come esecutore dell’assassinio di Ferdinando II, re di Napoli, dopo aver sperimentato, in una cava, l’incredibile potenza della bomba, che egli avrebbe dovuto scagliare sotto il crocchio reale, si rifiutò di eseguire l’attentato perché anch’egli sarebbe certamente morto. Carabi, allora, consigliò Lemmi di trovarsi qualcun altro al suo posto. Margiotta racconta: «Il povero Carabi fu assassinato, cinque anni dopo, in una Loggia di Napoli... e questo delitto fu commesso con una ferocia e una destrezza inaudita: gli archivi del Direttorio di Napoli ne danno i più minuti particolari: il sequestro di Carabi nel 1861, il suo processo svoltosi davanti a un Tribunale segreto, la tortura spaventevole che gli si fece subire e l’estremo supplizio posto in esecuzione nel più profondo mistero»2. La Bersone, nelle sue memorie, ci aiuta a dissolvere un po’ le nebbie che avvolgono questo “profondo mistero”. Ella racconta: «I due alti Iniziati Thiénet e Tirard si erano messi in testa di convincere il Conte di Parigi a entrare nella Massoneria, ma il principe rifiutò le loro proposte, e così i due affiliati Kellner e Tauler furono incaricati di riprendere i contatti con lui e, se si ostinava nel suo rifiuto, di trovare il modo di assassinarlo. Essi, dunque, andarono a trovare il Conte a Chambord, ma furono ricevuti con sì squisita bontà che mancò loro il coraggio di eseguire il loro barbaro mandato di assassinio. Erano due affiliati un po’ timidi. Tornarono alla Loggia, dicendo che non avevano potuto avvicinare il principe, ma lo Spirito li aveva già denunciati! Tauler fu messo nella prigione sotterranea e custodito come vittima per il successivo Venerdì Santo. Kellner, invece, fu ucciso dal Dragone in persona, in un corpo a corpo sanguinoso. La Bestia lo afferrò, in piena Loggia, tra i suoi robusti artigli e cominciò a lacerarlo; poi, sotto forma di Spirito alato, lo sollevò dal suolo, lo trasportò sin sotto la volta; allora, dividendosi in più Spiriti: uno, gli strappò i capelli; un altro, le unghie. Il suo corpo denudato fu coperto di bruciature e, infine, squartato, tra le grida orribili della vittima»3. 1 Cfr. Clotilde Bersone, “L’Eletta del Dragone”, Editrice italica, Pescara 1981, pp. 250-251. (Disponibile c/o Ediz. Segno, Udine). 2 Cfr. Domenico Margiotta, “Ricordi di un 33”, Delhomme e Briguet, Editori, Parigi 1895, pp. 21-25. 3 Cfr. Clotilde Bersone, op. cit., pp. 251-252. |
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